Jedediah era il più piccolo del gruppo di ragazzi che abitavano nei pressi di Colle Smeraldo.
Rimaneva sempre in disparte, passando il tempo a osservare gli altri fare capannello sotto il vecchio salice piangente che sovrastava il Colle. Ma di tanto in tanto, il gruppo di ragazzi preferiva rinchiudersi in vecchie case abbandonate. Un'antica casa, lontano dal centro abitato e adiacente al cimitero, era il luogo prediletto per le "riunioni segrete". Le chiamava così Jedediah; e non osava avvicinarsi quando quei ragazzi - tra gli undici e i diciotto anni - preferivano occupare i pomeriggi caldi d'estate all'interno della casa, lontano da prati verdi e calura.
Ma Jedediah era sempre stato curioso. Cercava di immaginare cosa attirasse i ragazzi dentro quella casa immersa nell'aspra vegetazione estiva. Ma nonostante questo, non aveva mai osato pensare di spiare i ragazzi, magari da qualche buco tra le assi logore, o vetrate infrante.
Un pomeriggio di fine agosto, però, Jedediah decise di avventurarsi da solo nell'abitazione, prima che arrivassero gli altri. Superato il giardino abbandonato, provò a forzare il portone d'ingresso, e fu sorpreso di trovarlo aperto, senza catene o lucchetti a sbarrarne l'entrata.
La casa puzzava di vecchio, ed era sporca e vuota e brutta. C'era qualche sedia sparsa qua e là e nient'altro. Jedediah proseguì per le varie stanze: la cucina, lo studio, la camera degli ospiti.
A un certo punto Jedediah pensò che si era fatto tardi ed era meglio ritornare a casa. Fece per ritornare alla porta d'ingresso, ma improvvisamente udì delle voci provenire dal giardino. Si avvicinavano all'ingresso. Voci cariche di emozione.
- Oggi ce la faremo, ne sono certo.
- Cloude, hai detto la stessa cosa ieri, e l'altro ieri, e l'altro ieri ancora.
Jedediah iniziò ad avere paura. D'altronde aveva solo sei anni. Cosa sarebbe successo se l'avessero scoperto? Sapeva benissimo che la sua presenza non sarebbe stata gradita. Conosceva bene il gruppo di ragazzi di Colle Smeraldo. Si nascose in una stanza vuota, sperando di trovare il modo di lasciare la casa senza senza farsi scoprire.
I ragazzi entrarono nel salone da pranzo, Jedediah li sentì, e riuscì a vederli sbirciando da una fessura nella parete. La stanza dove si trovava coincideva col salone.
- Non perdete tempo, iniziamo - pronunciò cupo uno dei ragazzi più grandi.
I ragazzi impugnarono pezzi di legno sottile di varie dimensioni. Una luce verde spuntò dalla punta di ognuno di essi, poi, formando un cerchio a mezz'aria, i fasci luminosi si unirono fino a formarne un unico, più grande e più luminoso. Il ragazzo iniziò a parlare in una strana lingua, scandendo parole che Jedediah non riusciva a comprendere.
- Osclero Irriguo Osando! Adoro il Signore Oscuro! Osclero Irriguo Osando!
Il raggio verde illuminò completamente la stanza. Scintillava, sfrigolava nell'aria. Ed esplose, plasmando una densa nube di fumo nero.
La nube pulsava. I ragazzi la osservavano con gli occhi sbarrati dalla paura. Solo il ragazzo che aveva urlato le strane frasi sembrava non avere terrore di quella visione. Al contrario degli altri, la sua espressione era soddisfatta e gioiosa - Ce l'abbiamo fatta - esclamò. - Eccolo, il Marchio Nero. Adesso è nostro! -
La nube si era improvvisamente trasformata in un teschio enorme avvolto tra le spire di un grosso serpente. In silenzio, i ragazzi alzarono le braccia. Alcuni tremanti, altri tenendo lo sguardo basso. Il teschio e il serpente esplosero in un boato. Le folgori che ne scaturirono colpirono con precisione le braccia dei ragazzi. Urla e odore di pelle bruciata si mescolarono nell'aria satura di fumo scuro.
Jedediah aveva paura. Voleva scappare via lontano, ma era inchiodato alla parete. Non riuscì a trattenere un urlò di spavento alla vista degli avambracci ustionati e marchiati dei ragazzi.
- C'è qualcuno! - esclamò un ragazzo dai capelli biondi. - Bombarda! -
La parete che separava il salone da pranzo dal nascondiglio di Jedediah saltò per aria. Tra le polveri, il ragazzo dai capelli biondi prese Jedediah per un braccio. Jedediah sentiva dolore e continuava ad aver paura, sempre più. Sentiva le voci dei ragazzi chiedergli perché era lì, mentre il salone era diventato una macchia sfocata e indistinguibile. Perse i sensi.
Si risvegliò, in ginocchio, al centro del salone, attorniato dai ragazzi.
- Nessuno saprà di oggi pomeriggio - disse il ragazzo grande rivolto a Jedediah. - Crucio! -
Jedediah pensò agli incubi notturni, alle grida della madre quando sua nonna morì in ospedale in seguito a una grave malattia, ai temporali che gli facevano tanta paura, a qualunque cosa gli incutesse orrore e angoscia. Non riusciva a pensare ad altro. Urlava, lo sentiva lontano e vicino, a seconda delle fitte di dolore che provava al petto e alle tempie. Borbottò parole che non aveva neanche immaginato, qualcosa dentro di lui lo costringeva a graffiarsi il viso con le unghie.
Di colpo tutto cessò. Sentì la polvere a fiotti invadere le narici e i polmoni; cercava di respirare più velocemente possibile. Ancora in ginocchio.
- Nessuno saprà di oggi pomeriggio - ripetè la voce del ragazzo, poco prima di urlare "Avada Kedavra" in direzione di Jedediah.
I giornali locali scrissero che il bambino era morto in seguito a una puntura d'insetto, mentre si avventurava nella vecchia casa dei Malfoy. Ma le analisi autopsiche successive al decesso non diedero mai alcuna conferma.
Rimaneva sempre in disparte, passando il tempo a osservare gli altri fare capannello sotto il vecchio salice piangente che sovrastava il Colle. Ma di tanto in tanto, il gruppo di ragazzi preferiva rinchiudersi in vecchie case abbandonate. Un'antica casa, lontano dal centro abitato e adiacente al cimitero, era il luogo prediletto per le "riunioni segrete". Le chiamava così Jedediah; e non osava avvicinarsi quando quei ragazzi - tra gli undici e i diciotto anni - preferivano occupare i pomeriggi caldi d'estate all'interno della casa, lontano da prati verdi e calura.
Ma Jedediah era sempre stato curioso. Cercava di immaginare cosa attirasse i ragazzi dentro quella casa immersa nell'aspra vegetazione estiva. Ma nonostante questo, non aveva mai osato pensare di spiare i ragazzi, magari da qualche buco tra le assi logore, o vetrate infrante.
Un pomeriggio di fine agosto, però, Jedediah decise di avventurarsi da solo nell'abitazione, prima che arrivassero gli altri. Superato il giardino abbandonato, provò a forzare il portone d'ingresso, e fu sorpreso di trovarlo aperto, senza catene o lucchetti a sbarrarne l'entrata.
La casa puzzava di vecchio, ed era sporca e vuota e brutta. C'era qualche sedia sparsa qua e là e nient'altro. Jedediah proseguì per le varie stanze: la cucina, lo studio, la camera degli ospiti.
A un certo punto Jedediah pensò che si era fatto tardi ed era meglio ritornare a casa. Fece per ritornare alla porta d'ingresso, ma improvvisamente udì delle voci provenire dal giardino. Si avvicinavano all'ingresso. Voci cariche di emozione.
- Oggi ce la faremo, ne sono certo.
- Cloude, hai detto la stessa cosa ieri, e l'altro ieri, e l'altro ieri ancora.
Jedediah iniziò ad avere paura. D'altronde aveva solo sei anni. Cosa sarebbe successo se l'avessero scoperto? Sapeva benissimo che la sua presenza non sarebbe stata gradita. Conosceva bene il gruppo di ragazzi di Colle Smeraldo. Si nascose in una stanza vuota, sperando di trovare il modo di lasciare la casa senza senza farsi scoprire.
I ragazzi entrarono nel salone da pranzo, Jedediah li sentì, e riuscì a vederli sbirciando da una fessura nella parete. La stanza dove si trovava coincideva col salone.
- Non perdete tempo, iniziamo - pronunciò cupo uno dei ragazzi più grandi.
I ragazzi impugnarono pezzi di legno sottile di varie dimensioni. Una luce verde spuntò dalla punta di ognuno di essi, poi, formando un cerchio a mezz'aria, i fasci luminosi si unirono fino a formarne un unico, più grande e più luminoso. Il ragazzo iniziò a parlare in una strana lingua, scandendo parole che Jedediah non riusciva a comprendere.
- Osclero Irriguo Osando! Adoro il Signore Oscuro! Osclero Irriguo Osando!
Il raggio verde illuminò completamente la stanza. Scintillava, sfrigolava nell'aria. Ed esplose, plasmando una densa nube di fumo nero.
La nube pulsava. I ragazzi la osservavano con gli occhi sbarrati dalla paura. Solo il ragazzo che aveva urlato le strane frasi sembrava non avere terrore di quella visione. Al contrario degli altri, la sua espressione era soddisfatta e gioiosa - Ce l'abbiamo fatta - esclamò. - Eccolo, il Marchio Nero. Adesso è nostro! -
La nube si era improvvisamente trasformata in un teschio enorme avvolto tra le spire di un grosso serpente. In silenzio, i ragazzi alzarono le braccia. Alcuni tremanti, altri tenendo lo sguardo basso. Il teschio e il serpente esplosero in un boato. Le folgori che ne scaturirono colpirono con precisione le braccia dei ragazzi. Urla e odore di pelle bruciata si mescolarono nell'aria satura di fumo scuro.
Jedediah aveva paura. Voleva scappare via lontano, ma era inchiodato alla parete. Non riuscì a trattenere un urlò di spavento alla vista degli avambracci ustionati e marchiati dei ragazzi.
- C'è qualcuno! - esclamò un ragazzo dai capelli biondi. - Bombarda! -
La parete che separava il salone da pranzo dal nascondiglio di Jedediah saltò per aria. Tra le polveri, il ragazzo dai capelli biondi prese Jedediah per un braccio. Jedediah sentiva dolore e continuava ad aver paura, sempre più. Sentiva le voci dei ragazzi chiedergli perché era lì, mentre il salone era diventato una macchia sfocata e indistinguibile. Perse i sensi.
Si risvegliò, in ginocchio, al centro del salone, attorniato dai ragazzi.
- Nessuno saprà di oggi pomeriggio - disse il ragazzo grande rivolto a Jedediah. - Crucio! -
Jedediah pensò agli incubi notturni, alle grida della madre quando sua nonna morì in ospedale in seguito a una grave malattia, ai temporali che gli facevano tanta paura, a qualunque cosa gli incutesse orrore e angoscia. Non riusciva a pensare ad altro. Urlava, lo sentiva lontano e vicino, a seconda delle fitte di dolore che provava al petto e alle tempie. Borbottò parole che non aveva neanche immaginato, qualcosa dentro di lui lo costringeva a graffiarsi il viso con le unghie.
Di colpo tutto cessò. Sentì la polvere a fiotti invadere le narici e i polmoni; cercava di respirare più velocemente possibile. Ancora in ginocchio.
- Nessuno saprà di oggi pomeriggio - ripetè la voce del ragazzo, poco prima di urlare "Avada Kedavra" in direzione di Jedediah.
I giornali locali scrissero che il bambino era morto in seguito a una puntura d'insetto, mentre si avventurava nella vecchia casa dei Malfoy. Ma le analisi autopsiche successive al decesso non diedero mai alcuna conferma.